La beffa per le popolazioni terremotate del Centro Italia arriva dal fisco. Oltre al danno delle case crollate, dei parenti morti sotto le macerie, gli sfollati a causa del sisma subiscono una batosta ulteriore. E riguarda le tasse. Il decreto firmato dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, per la sospensione degli adempimenti tributari nei diciassette Comuni di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo colpiti dalle scosse il 24 agosto, sebbene in attesa di pubblicazione, lascia già intravedere alcune problematiche che non sarà semplice risolvere.
In tutti i casi potrebbe rivelarsi l’ennesima occasione persa per mostrare il volto umano dell’amministrazione finanziaria.
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Il termine per la ripresa dei versamenti è fissato al 20 dicembre. Quindi la sospensione dura 120 giorni, la metà dei 238 giorni concessi dal governo Berlusconi ai terremotati dell’Aquila nel 2009 (dal 6 aprile al 30 novembre). Uno sforzo analogo, insomma, avrebbe anche potuto essere fatto. Il ministero dell’Economia ha una scusante tecnica: un decreto ministeriale non può superare i termini dell’anno solare senza una copertura prevista in bilancio. Dunque un’eventuale proroga, sulla falsariga del passato, sarà demandata a un apposito stanziamento nella prossima manovra.
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Una proroga che appare necessaria per evitare la tagliola dell’acconto Iva il 27 dicembre prossimo. “I contribuenti delle zone terremotate – spiega Paolo Duranti, fiscalista dello Studio Mazzocchi & Associati di Milano – si troverebbero in una situazione di grande difficoltà poiché due dei tre criteri per la determinazione degli acconti sono basati sul fatturato, un parametro quasi impossibile da determinare nel caso di attività che sono state bloccate a causa dei danni conseguenti al sisma”.
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Nel 2009, inoltre, l’esecutivo di centrodestra varò un provvedimento a più ampio raggio che, oltre alla sospensione di sanzioni, interessi di mora e attività di accertamento, comprendeva anche la sospensiva dei versamenti dei contributi consortili, previdenziali, la proroga della validità delle tessera sanitarie in scadenza (utili soprattutto agli anziani) e l’irrilevanza ai fini fiscali delle rendite degli immobili lesionati. “L’articolo 53 della Costituzione e numerose sentenze della Cassazione fanno riferimento alla capacità contributiva del cittadino come misura dell’imponibile: se si è perso il patrimonio e non si è più in grado di produrre un reddito, i debiti fiscali andrebbero cancellati”, aggiunge Duranti. Il riferimento riguarda Imu e Tasi, ma anche ai canoni di concessione di beni demaniali eventualmente devastati. Per evitare spiacevoli sorprese, in ogni caso, basterà denunciare all’Agenzia delle Entrate che quello che una volta era un immobile residenziale o commerciale è diventato un rudere.