Si chiama Renaud Laplanche non pare il tipo da far tremare i mercati come Jordan Belfort. Cordiale, pacato, il fondatore del Lending Club sembra un ex-giocatore di tennis e parla di finanza senza l’aggressività e l’ambizione tipiche dei banchieri di New York, ma è lui il vero lupo di Wall Strett. Eh sì, perché come racconta “La Stampa” questo dinoccolato signore quarantaquattrenne, assolutamente atipico nei modi e nelle espressioni che l’iconografia classica ha di un finaziere, è uno dei generali nella guerriglia di Silicon Valley contro il vecchio mondo del denaro. «Risolviamo i problemi di clienti e investitori con la tecnologia non con le persone e la burocrazia». Altro che il mister Wolf di Pulp Fiction insomma. Una tecnica, un’azienda di servizi se volete che chiamano «fintech», parola che amalgama finanza e tecnologia. È la nuova frontiera, e la più grande paura, di Wall Street: una progenie di società che utilizza super-computer per rendere obsolete le banche «tradizionali». Nello specifico. Società come il Lending Club (altre sono nate nel frattempo), connettono via Internet chi di soldi ha bisogno e chi li vuole dare in prestito, senza passare per le banche. Un mercato in crescita ed a costi bassi al punto che, nel giro di poco, la «fintech» si è trasformata ormai in una realtà solida, con migliaia di utenti e dipendenti, miliardi di dollari in gioco e società quotate in Borsa. “Ci siamo tutti abituati a comprare le scarpe sul computer, ad ascoltare la musica sul telefonino e a prenotare l’aereo mentre beviamo il caffè, ma nessuno di noi si meravigliava quando la banca ci metteva una settimana per versare un assegno sul nostro conto-corrente o richiedeva un incontro di un’ora durante orari di apertura antidiluviani per discutere di un mutuo”. E lì spuntano loro, già sorvegliati speciali della grande finanza obbligata ora a cambiare se non vuole fare la fine di tanti altri vecchi regimi.
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