In effetti è così: se la questione viene sollevata è perché in molti usano quel termine senza essersi mai chiesti il motivo, l’etimologia. E se n’è occupata anche la testata scientifica ‘Focus’ a dimostrazione che non è nulla di volgare. È, semmai, una di quelle domande ‘impossibili’ alla quale ha voluto dare una risposta. Dunque, l’uso metaforico del verbo scopare in accezione oscena – spiegano – “è da ricollegarsi all’utilizzo di termini riferiti a fori e angoli per indicare l’organo sessuale femminile (per esempio, buco, pertugio, fenditura eccetera): il pene-scopa è l’attrezzo che pulisce il foro o l’angolo della donna. L’analogia è rafforzata dal carattere ritmico del movimento”. (continua dopo la foto)

“Già in alcuni scrittori greci (Saffo, Anacreonte) il termine corrispondente era usato in senso equivoco”, fa notare Focus. “Ciò che è strano, invece, è la ragione dello straordinario successo di scopare rispetto ad altre voci analoghe, come spazzare, nettare, ripulire e così via: il loro uso osceno è documentato (come anche quello di “scopare”) nei canti carnascialeschi toscani del XV e XVI secolo”. Una spiegazione scientifica, purtroppo, non c’è. (continua dopo le foto)


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Poi è stato il romanesco, in modo particolare, a dare fortuna al verbo usato in senso ‘hot’. Il primo a usarlo in modo sistematico sembra infatti essere stato il poeta dialettale romano Giuseppe Gioacchino Belli che nel 1831 nei suoi Sonetti scrisse: “De tante donne che mme sò scopato…”. Espressione tuttora comunissima, e non solo alle latitudini capitoline.
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