Aveva appena compiuto 60 anni il 29 marzo scorso e, nonostante la malattia che da tempo lo accompagnava, aveva voluto festeggiare quel traguardo con un sorriso. Non era un sorriso forzato, ma lo stesso che lo aveva sempre contraddistinto: leggero, ironico, sincero. Anche davanti alla sofferenza, non aveva mai rinunciato a quella sua capacità rara di sdrammatizzare, di trovare uno spiraglio di luce persino nel dolore. Poche settimane fa, pur visibilmente provato dall’amiloidosi, una patologia rara e incurabile, aveva condiviso battute e momenti di affetto con amici e colleghi, mostrando ancora una volta la sua forza più grande: quella di chi sa raccontare la vita anche nei suoi angoli più oscuri.
Il cinema era il rifugio di Stefano Amadio, la narrazione la sua vocazione. È a Roma, la città che l’aveva visto nascere e crescere, che si è spento dopo una lunga battaglia contro la malattia. I funerali si terranno domenica 13 aprile alle ore 16, in via del Forte Bravetta 271, un ultimo saluto a chi ha fatto del racconto la propria missione. La sua scomparsa lascia un vuoto profondo nel mondo della cultura italiana, un mondo che lui aveva contribuito a raccontare e a valorizzare con passione autentica.
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La carriera di Stefano Amadio tra cinema, teatro e giornalismo
Solo dopo anni di attività, tra set, palcoscenici e redazioni, Stefano Amadio aveva deciso di fondare nel 2011 Cinemaitaliano.info, un portale che in poco tempo è diventato un punto di riferimento per l’informazione sul cinema italiano, con particolare attenzione al documentario e alle produzioni indipendenti. Ma il suo percorso era cominciato molto prima: a vent’anni aveva iniziato in teatro come aiuto regista, collaborando con figure del calibro di Carella, Nanni, Mattolini e Archibugi. Da lì era passato alla televisione, alla radio, alla carta stampata, portando ovunque la stessa curiosità e lo stesso sguardo acuto.

Nel 1998 aveva diretto “Armi facili“, un documentario trasmesso da Match Music sull’uso delle armi da fuoco tra i giovani americani, dimostrando un interesse profondo per le tematiche sociali. Negli anni successivi aveva lavorato per Raisat, diretto cortometraggi, opere liriche e lungometraggi, tra cui Mala Tempora e il pilota Due contro due, con Erika Blanc e Luigi Diberti. La sua regia era sempre attenta, il suo stile sobrio e incisivo, la sua voce riconoscibile anche quando parlava attraverso le immagini.


Nel 2019, insieme a Silvia Saitta, aveva dato vita al Premio “Meno di Trenta”, un’iniziativa rivolta ai giovani talenti del cinema italiano, ulteriore testimonianza del suo impegno verso le nuove generazioni. Tra i progetti che amava di più c’era Il Vento del Nord, la rassegna ideata da Massimo Ciavarro a Lampedusa, dove Amadio aveva condotto laboratori con studenti delle scuole superiori. In quei giorni, la scuola si trasformava in un set e gli studenti in autori: un esempio concreto di come il cinema potesse diventare strumento di crescita, scoperta e partecipazione. La sua eredità è fatta di immagini, parole e idee, ma soprattutto di quella capacità rara di raccontare storie vere, anche quando facevano male. E forse è proprio lì che il suo lavoro ha lasciato il segno più profondo.