Si intitola “Liberami” ed è un documentario portato alla Mostra di Venezia dalla regista spezzina Federica Di Giacomo nella sezione Orizzonti del concorso. Si parla di esorcismo, della liberazione dal male. La regista ha trovato lo spunto dopo aver letto di un corso di formazione per preti esorcisti in Sicilia. Ha conosciuto un sacerdote, padre Carmine, che le ha parlato della diffusione del fenomeno e ha deciso di raccontarlo in modo trasparente e laico. Il documentario è stato scritto con Andrea Zvetok Sanguigni, è prodotto da Mir Cinematografica con Rai Cinema e uscirà in sala con I Wonder.
La regista Federica Di Giacomo ne ha parlato in una intervista a Repubblica con la giornalista Antonella Gaeta: “Per me l’esorcismo si è rivelata una straordinaria chiave d’accesso alla contemporaneità”.
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Chi è l’esorcista oggi? “Una nuova figura di guaritore buttata nella trincea della sofferenza fatta di persone trasversali per sesso, età ed estrazione sociale – risponde la regista -. Si trova a operare senza sapere se ha di fronte un disagio spirituale o psichico, un’operazione complessa che richiede preparazione, per questo il corso di formazione ma questo l’ho capito col tempo”. Per fare il film ci sono volute tre anni e la chiesa di un sacerdote assediato da folle di fedeli inquieti è diventata il centro narrativo del film.
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La regista spiega anche cosa c’è alle radici del documentario: “Cercavo una storia per un film sul disagio mentale in tempo di crisi e ho letto di un corso di formazione per preti esorcisti in Sicilia. Una notizia che ho dapprima trovato assurda, come si poteva far formazione su una cosa così antica e sacra? Allora mi sono imbattuta in padre Carmine che mi ha parlato della grande diffusione del fenomeno. Ho ottenuto di assistere a un esorcismo e la notte prima non ho dormito. Guardare questo combattimento spirituale è stato così potente e pieno di sfumature. L’esorcizzata, alla fine, mi ha invitato a mangiare una granita. L’ho trovato straordinario, si parlava di vita quotidiana, di entrare e uscire continuamente da un malessere”.
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Ovviamente non è stato semplice convincere esorcisti e posseduti a farsi riprendere. Secondo la Di Giacomo, “il film ha forse intercettato la voglia di una parte della Chiesa di uscire dall’ombra di un’immagine dell’esorcista come una specie di mostro cattivo e contagioso. Ho avuto la fortuna di incontrare preti come padre Cataldo e padre Carmine ma anche vescovi intelligenti e disponibili”. L’ultima domanda è sul Male: “Una condizione della mente che ha molto a che fare con la dipendenza ossessiva – risponde la regista -. Nel film la possessione è metafora di dipendenza come possono essere le droghe o il gioco d’azzardo. Chi gioca è posseduto da qualcosa, la società produce continuamente dipendenze ed è sempre più complesso mantenere libertà e lucidità. Il Diavolo, poi, è un concetto ricettacolo dove finisce di tutto. È elemento della storia universale che da sempre alleggerisce di responsabilità l’uomo”.