Erano dentro alla sacra moschea del profeta Giona a pregare nella grande città di Mosul. Un gruppo di uomini armati ha costretto i fedeli a uscire, a disporsi a poche centinaia di metri dal luogo di culto e ad assistere alla distruzione della “casa” del profeta. E’ accaduto giovedì 24 luglio e sono gli stessi cittadini a raccontarlo. Secondo i miliziani dello Stato islamico (Isis), che controllano dal mese scorso Mosul, responsabili dell’esplosione, la moschea era ormai diventata in una meta di apostasia, non di preghiera. La moschea, intitolata al profeta Giona, era considerata uno dei più importanti monumenti storici e religiosi e luogo di pellegrinaggio di musulmani sia sunniti sia sciiti. L’importanza per i musulmani delle diverse confessioni di questo luogo di culto deriva dal fatto che il profeta Giona è citato nel Corano. L’edificio era stato costruito su un sito archeologico risalente all’VIII secolo a.C. e per i credenti sarebbe il luogo dove è presente la tomba del profeta Giona, inghiottito da una balena secondo la Bibbia e il Corano. La moschea era stata poi restaurata nel 1990.