All’ipotesi del suicidio i familiari non avevano mai creduto fino in fondo. Lo avevano segnalato alle autorità competenti senza, però, riuscire in un primo momento a fare breccia nella tesi degli investigatori. Poi, con il passare delle settimane, che qualcosa non fosse chiaro era salta all’occhio. Una dinamica troppo fumosa e, soprattutto, un nodo che non trovava risposta: perché un gesto così estremo con una famiglia tutta da crescere. Dentro la testa di un suicida le risposte non ci sono, abitano sole le certezze. La prima: che non valga la pena vivere.
Certezze che Sharmin Sultana, 32 anni del Bangladesh ma da anni in Italia, non aveva ma c’era chi aveva deciso per lei. Lo scorso 7 marzo Sharmin era stata trovata senza vita sul marciapiede, sotto la finestra di casa rimasta aperta. I carabinieri di prima mattina erano arrivati sul posto, avevano trovato il marito a letto, che sosteneva di non aver sentito alcun rumore. Mancano gli elementi per incriminarlo.
Sharmin Sultana, non fu un suicidio: dopo 9 mesi arrestato il marito
Ma qualcosa cambia. Ad inchiodare Ahmed Mustak, 44 anni, suo connazionale, una serie di punti oscuri e un disegno della figlia maggiore di appena 8 anni. Un disegno finito ali atti dell’indagine ha consentito ai militari di raccogliere elementi sull’uomo. Le prove sembrano forti al punto che la gip Paola Faggioni non ha avuto ripensamenti nello spedire l’uomo in carcere.
Sembra infatti che dalle indagini sia uscito un quadro terribile. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, coordinati dal sostituto procuratore Marcello Maresca, l’uomo vessava continuamente la donna. Racconta Repubblica: “Stava cercando di liberarsi da quel marito opprimente, anche grazie a Tik Tok, con video che raccoglievano migliaia di visualizzazioni”.
E ancora: “La stessa azienda per cui lavorava l’uomo, nei vicini stabilimenti della Fincantieri, aveva sospettato che qualcosa non andasse”. Oggi il triste epilogo. L’ennesimo femminicidio, ferita di un amore malato, storia di uomini che continuano a trattare le donne come oggetti.