Gino Cecchettin si è avvicinato all’ambone della chiesa, ha stretto tra le mani i fogli su cui ha scritto, con il cuore spezzato dal dolore, un ricordo della figlia Giulia. Un ricordo che è sembrato a tratti un testamento, a tratti un ammonimento perché quello che è successo alla figlia non si verifichi mai più. Nelle sue parole l’immagine di una ragazza di grande cuore e grandi ideali: “Mia figlia Giulia era proprio come l’avete conosciuta una straordinaria donna – ha detto – mai stanca di imparare”.
“Si era occupata della gestione famigliare dopo la morte della sua mamma. Si è guadagnata la laurea e ad honorem anche il titolo di mamma dopo la morte della sua, era un oplita come si definiva”. Una guerriera a cui la mano dell’uomo che diceva di amarla ha tolto la vita in maniera barbara è insensata: un male che ha radici profonde: “Il femminicidio è una condizione che colpisce le donne, vittime di chi diceva di amarle e invece le rendeva vittime di abusi fino a farle perdere la vita”.
Funerali di Giulia Cecchettin, la lettera del padre: “Ciao amore mio”
Poi la denuncia e l’appello: “Ci sono tante responsabilità ma quella educativa ci coinvolge tutti. Mi rivolgo agli uomini perché noi per primi dovremmo essere agenti di cambiamento, parliamo agli altri maschi, dovremmo essere attivamente coinvolti, ascoltando le donne e non girando la testa davanti ai segni di violenza, anche i più lievi. Bisogna creare una cultura di supporto”.
Ed essere fermi: “Alle istituzioni politiche chiedo leggi e programmi educativi, che i colpevoli siano puniti adeguatamente. Le forze dell’ordine devono essere dotate degli strumenti adeguati per riconoscere e prevenire il pericolo. La mia Giulia ci è stata tolta in maniera crudele ma la sua morte deve essere un messaggio per fare in modo che la violenza contro le donne non esista più”.
Poi Gino Cecchettin ha voluto chiudere con una poesia poesia di Gibran: “Il vero amore non è né fisico né romantico. Cara Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma. Ti penso con lei, abbracciata a lei e aiutaci a sopportare questo dolore che ci ha travolto e a imparare a danzare sotto la pioggia. Vi promettiamo che noi un po’ alla volta impareremo a danzare sotto la pioggia. Grazie per questi 22 anni che ci hai donato, anche noi ti amiamo tanto. Io non so pregare, ma so sperare e voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi le nostre vite e che un giorno possa germogliare in un terreno di amore e pace. Addio Giulia, amore mio”.