Nel nuovo libro di Salvatore Settis “Se Venezia muore” edito da Einaudi, è chiara la connessione tra Roma e la città lagunare. Lo scandalo del Mose in una, Mafia Capitale nell’altra è come se, dice Settis, i fiumi di denaro pubblico che ci transitano, anzichè risolverne i problemi, vi diffondessero la corruzione. Solo a Venezia le aziende alle quali lo stato aveva assegnato il monopolio dei lavori sulla laguna, oggi si stima siano un totale complessivo di circa 18 miliardi di euro. Eppure non stiamo meglio, afferma lo scrittore.
Città così belle, magnifiche e storicamente ricche, luoghi che tutto il mondo ci invidia, l’America in primis eppure è proprio qui, dice Settis, che accade qualcosa di strano, la perdita della coscienza territoriale, l’identità minacciata da una falsa modernità che le spopola e ne erode il ruolo specifico, portandole all’oblio di se. Se tanto mi da tanto, afferma l’autore, sarebbe meglio togliere la possibilità di far scegliere l’amministrazione ai cittadini e “appaltarla” direttamente alla società che gestisce Disneyland.
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