Emily c’è l’ha fatta. Da due anni è “pulita”, nel suo sangue non vi è neanche una cellula deformata dal cancro chiamato leucemia linfoblastica acuta. L’annuncio, contenuto in una relazione scientifica, è stato dato alla sessione annuale dell’American Society of Haematology, l’appuntamento più importante per gli ematologi di tutto il mondo in corso a San Francisco. Insieme a lei altri 25 coetanei. Tutti senza speranza perché la chemioterapia aveva fallito. Ce ne vogliono 5 di anni per affermare con certezza di essere fuori dal cancro ma la quantità di bambini che stanno bene e i due anni sinora raggiunti sono più che sufficienti per considerare finita la fase sperimentale della cura.

“Bambina guarita dalla leucemia col virus dell’Aids”. Così le cronache internazionali di esattamente due anni fa dallo stesso congresso titolavano gli articoli su Emily Whitehead, bimba americana che allora aveva 7 anni. La chemio non aveva alcune effetto dal 2010, ma a sei mesi dalla reinfusione dei suoi linfociti T, un tipo di globuli bianchi, manipolati geneticamente attraverso il virus dell’Aids inattivato, non vi era più traccia di malattia. Questa terapia, indicata per ora con la sigla ‘CTL019’, sfrutta la capacità del virus Hiv di entrare nelle cellule ed inserirvi i suoi geni. Ma, togliendo quelli che il virus usa per comandare la cellula a produrre altre copie di se stesso sino a farla morire, e aggiungendo quelli che aumentano la capacità dei T di riconoscere le cellule cancerose e poi ucciderle con geni che trasformano si sono generati dei potenti “ogm anticancro” personali.