Incredibile ma vero: venerdì 31 luglio Franca Valeri compie 100 anni. Clamorosamente tondi, con quei due zero dopo l’uno che a una signora non glielo si dovrebbe far notare ma tant’è, lei se ne è sempre bellamente fregata. All’anagrafe Norsa, nel cuore della gente Valeri. Un secolo fra teatro, cinema e televisione e altre passioni tenaci: la scrittura (una delle rare commediografe italiane della sua generazione), le letture (Paul Valery le ispirò quel nome d’arte), gli amori trovati e perduti, la lirica. Nella quiete di prima campagna della sua casa romana è circondata da ricordi e affetti, la famiglia, la sua assistente, il cane Roro (al secolo Aroldo, come l’opera di Verdi) e la gatta Cocò.
La Signorina Snob direbbe: i compleanni, tutti uguali come i Natale e i Capodanno, bisognerebbe saltarne qualcuno. Questo però è speciale… “È una maniera carina per estorcermi se festeggerò, vero? Ebbene sì. In casa, ovviamente. Tra pochissimi. I miei cari e qualche amico. Lella Costa che giusto la settimana prima, il 25, al teatro greco di Siracusa, interpreterà la mia Vedova Socrate mi festeggerà nella mia città, a Milano, al Piccolo, con un assaggio di quella commedia”. (Continua a leggere dopo la foto)
Per lei nessun rimpianto: “No. Ho sempre cercato di fare quello che volevo. Per riuscirci però ho lavorato tanto, tantissimo. Nostalgie, beh, certo, a questa età… Sa qual è la più grande? Recitare. Mi piacerebbe ancora. Il palcoscenico è la mancanza più forte”. Per lei il teatro è una cosa sacra: “Amato sopra ogni altra cosa”. (Continua a leggere dopo la foto)
“Sentire il pubblico è la sensazione più bella, presagire la risata qualche secondo prima che arrivi è un piacere che non ha prezzo. Anche al cinema però ha lasciato il segno. Non era facile con registi come Fellini, Monicelli, Steno, Zampa, Risi. “Ho spesso cercato di metterci del mio, scrivendo o collaborando alla sceneggiatura dei film in cui ho recitato”. (Continua a leggere dopo la foto)
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“Non è un caso se quelli che amo di più sono Il segno di Venere di Risi di cui, nel ’55, ho scritto il soggetto e Parigi o cara, il copione lo buttai giù con Vittorio Caprioli che lo diresse e che all’epoca, nel ’62, era anche mio marito”. E sul suo vivere racconta: “Noioso, non mi piace. Abbiamo abusato dei mezzi di comunicazione dimenticando che il primo mezzo di comunicazione siamo noi, persone”.
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