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Incinta ma clinicamente morta, si lotta per far nascere il bimbo

La madre è morta, ma i medici stanno tentando di tenere in vita il bambino che porta in grembo. L’ospedale San Raffaele di Milano è alle prese con un caso con pochi precedenti nel mondo. La donna, una milanese di 36 anni, ha l’elettroencefalogramma piatto e, secondo i parametri attuali della medicina, è clinicamente deceduta (in condizioni analoghe, di solito, partono le procedure per il prelievo di organi). Ma uno staff di rianimatori, ginecologi e neonatologi sta cercando di far crescere il feto nel suo utero, per metterlo in condizioni di sopravvivere anche al di fuori. Con le sue forze. La donna è arrivata in ospedale martedì scorso in ambulanza. perché colpita da un’emorragia cerebrale fulminante. Niente da fare, per lei nessuna speranza. Ma con l’aiuto dei macchinari per la rianimazione, il suo corpo è potuto diventare una culla. Il tentativo è di fare maturare il feto che, a 23 settimane, non poteva ancora sopravvivere fuori dal grembo materno. Dal giorno del ricovero della donna è già passata più di una settimana: otto giorni che contano molto per il bambino che oggi pesa sui 500 grammi. Una vita che se ne va e una che comincia. A 24 settimane inizia a formarsi la corteccia cerebrale ed è possibile sperare nella sopravvivenza. Certo, è una battaglia ai confini della scienza: salvare un feto dentro il corpo di una donna morta.

(continua dopo la foto)


L’elettroencefalogramma non dà alcun segno di funzioni cerebrali. È il momento in cui, normalmente, viene staccata la spina. Ma stavolta – d’accordo con la famiglia – non è stato fatto. Una sonda nell’intestino materno permette al feto di essere alimentato, la ventilazione artificiale fa arrivare l’ossigeno nel sangue della donna e, quindi, del feto. Il cuore continua a battere. E, finché c’è quel battito, il bambino viene tenuto in vita. È la mamma in un certo senso, con il suo corpo trasformato in incubatrice, a proteggere il figlio.


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