“Grazie, dottor Salk!”. Sono bambini molto felici quelli ritratti nel doodle di Google che celebra i cento anni della nascita di Jonas Salk: lo scienziato e medico statunitense realizzò il primo vaccino contro la poliomielite, malattia con alto tasso di mortalità infantile.
Fino al 1955, anno dell’introduzione del suo vaccino, la poliomielite era considerata il problema più spaventoso in materia di salute pubblica negli Stati Uniti del dopoguerra. Le epidemie annuali erano sempre più devastanti: quella del 1952 fu la peggiore nella storia della nazione. Dei quasi 58.000 casi riportati quell’anno, 3.145 persone morirono e 21.269 restarono paralizzate in modo lieve o invalidante. La maggior parte delle vittime erano bambini. Gli scienziati si affannavano a trovare un modo per prevenire o curare la malattia. Il Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt ne era forse la vittima più conosciuta al mondo e fondò l’organizzazione che avrebbe finanziato la realizzazione del vaccino.
Il lavoro di Salk coinvolse oltre 20mila operatori sanitari e più di 200mila volontari per un’operazione su grande scala: furono quasi 2 milioni i bambini su cui si effettuarono i primi test sanitari. Visto che i vaccini “vivi” avevano causato alcuni morti nelle sperimentazioni, Salk propose un’alternativa provando a utilizzare un vaccino “inattivo” per vincere lo scetticismo di alcuni colleghi, ottenere i finanziamenti necessari e dimostrare l’effiacia non ancora provata sugli esseri umani.
Quando la notizia del successo del vaccino fu resa pubblica, il 12 aprile 1955, Salk fu salutato come “l’uomo dei miracoli”, e la giornata “divenne quasi un giorno di festa nazionale”. Il suo unico obiettivo era stato sviluppare un vaccino sicuro ed efficace il più rapidamente possibile, senza nessun interesse al profitto personale. Quando in una intervista televisiva gli fu chiesto chi possedesse il brevetto del vaccino, lui rispose: “Non c’è brevetto. Si potrebbe brevettare il sole?”