È venuto a mancare oggi Lorenzo Amurri, scrittore e musicista romano, aveva 45 anni. La sua una storia di rivincite e coraggio, una vita segnata da un tragico incidente, di fronte al quale Amurri non si è arreso, continuando a mordere la vita, giorno dopo giorno. La notizia della sua morte ha fatto subito il giro del web, molti colleghi hanno lasciato un ultimo messaggio a quello che consideravano un grande amico e un esempio da imitare. L’artista era quasi completamente immobilizzato a causa di un gravissimo incidente sugli sci avvenuto nel 1997.
Di questa esperienza aveva parlato ne suo romanzo di esordio “Apnea” che era stato selezionato tra i dodici finalisti della 67° edizione del Premio Strega, ricevendo importanti e numerosi consensi.
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Nato a Roma nel 1971, Amurri diventa noto come musicista e produttore musicale, collaborando con diversi artisti tra i quali Tiromancino, Lola Ponce e Califano. Poi arriva la svolta e decide di dedicarsi alla scrittura, prima attraverso un blog personale, poi scrivendo racconti, uno dei quali pubblicato nella raccolta Amore Caro a cura di Clara Sereni, per Cairo Editore.
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Quando aveva 26 anni, nel 1997, resta vittima di un incidente terribile mentre scia sul Terminillo, restando paralizzato. Una vicenda che lo segna irrimediabilmente ma che non gli toglie la voglia di vivere e di parlare, ma soprattutto di raccontare. Nel 2013 scrive il romanzo che gli dà il successo e che al tempo stesso gli dà la possibilità di raccontarsi: “Apnea”, in cui narra la sua biografia, dalla giovinezza fatta di eccessi all’incidente che lo rese paraplegico ma contro il quale ha sempre combattuto. Poco tempo fa aveva dichiarato: “La scrittura mi ha salvato la vita”. Il romanzo ebbe un grande successo, arrivando a cinque ristampe.
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In una vecchia a Vanity Fair a proposito del suo libro disse: “Il 12 gennaio. Avevo 26 anni. Il libro l’ho iniziato molto dopo. L’ho voluto scrivere per un sacco di motivi. Intanto che le persone “normali” non sanno bene quello che c’è dietro una persona in carrozzina. Per esempio, che la carrozzina è già un premio. Per arrivarci ci vuole fatica, lavoro e non è detto che ce la fai. Il giorno in cui ti ci siedi, suona assurdo, ma hai vinto. Io, poi, ero messo particolarmente male: in Italia non avevano idea di come curarmi”.
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Il racconto di quel momento tragico è struggente: “La faccia immersa nella neve, come ovatta soffice che gli toglie il fiato. È la vertigine dell’apnea. Pochi attimi prima Lorenzo stava sciando insieme a Johanna, la sua fidanzata. Un momento spensierato come tanti, ormai irrimediabilmente ricacciato indietro, in un passato lontano. Poi la corsa in ospedale in elicottero, il coma farmacologico e un’operazione di nove ore alla colonna vertebrale. Dai capezzoli in giù la perdita completa di sensibilità e movimenti. D’ora in avanti Lorenzo e il suo corpo vivranno da separati in casa. Ma l’unica cosa che conta, adesso, sono le mani”.
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