Venerdì 16 agosto è il giorno dell’addio definitivo a Nadia Toffa. Il giorno del suo funerale. Il giorno che tutti speravano sarebbe arrivato il più tardi possibile. E invece è arrivato. Nadia Toffa è morta. Aveva 40 anni appena compiuti. E un tumore grave che non le ha dato scampo. Ma che lei ha combattuto con tutta la sua forza e con tutti i suoi sorrisi disarmanti. Era una guerriera e lo è stata fino all’ultimo. Alle 10.30 di venerdì 16 agosto le campane del Duomo di Brescia, sua città natale, hanno suonato a lutto.
Il silenzio è sceso tra la folla di gente arrivata da tutta Italia per dare l’ultimo saluto a quella forza della natura che era Nadia e alla quale tantissimi devono molto. Quando la bara è arrivata, ecco l’applauso. Un applauso lungo e pieno di sentimento. Un applauso che significa tanto: l’amore, la stima, la tristezza, la gratitudine. Nadia Toffa mancherà a tutti. Mancherà anche a tutti noi, che la conoscevamo solo attraverso la tv. Continua a leggere dopo la foto
Perché Nadia era una che lottava contro le ingiustizie, per i deboli. E da lei abbiamo solo da imparare. Quando il feretro della “iena” è entrato nel Duomo, la commozione è stata generale. Grande tristezza. E quel senso di vuoto e impotenza che non se ne va. Quel che ha colpito è stato il gesto di Davide Parenti, ideatore del programma Mediaset Le Iene, poco prima dell’inizio del funerale. L’autore ha deposto sulla bara di Nadia Toffa la cravatta nera, cioè il simbolo de “Le Iene”. Continua a leggere dopo la foto
Per Davide Parenti la perdita di Nadia è stata come la perdita di una figlia “Quando ti dicono che hai quella cosa, in quel posto, e di quel tipo, basta che guardi su internet per leggere che hai al massimo dieci mesi. Lei ne ha fatti venti – ha raccontato in un’intervista al Messaggero – È stata bravissima a portare avanti tutto, nonostante gli attacchi e le operazioni, ma è difficile stare vicino a una persona che ha il destino segnato. E Nadia lo sapeva. È andata avanti lo stesso, ha condotto il programma sapendo che sarebbe finita così”. Continua a leggere dopo la foto
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Ma, ha raccontato Parenti, era lei a fare forza agli altri: “Lei diceva che non voleva essere trattata da malata. Chi ha il cancro finisce per essere considerato dagli altri quasi una non persona, e allora meglio considerarsi un guerriero che un malato. Un guerriero è uno che non ha alcuna intenzione di spegnersi”. Il lavoro la stancava, ma l’ha tenuta in vita: “Il fatto che lavorasse l’ha tenuta in vita più di quanto la malattia le potesse permettere. È una malattia spietata. (…) Ovviamente sono stati bravissimi i suoi dottori, capaci di allungarle la vita con le giuste cure. Ma aver continuato a lavorare, avere un appuntamento cui tornare, un impegno con il pubblico, era per lei una delle ragioni per continuare a vivere”.
Nadia Toffa, il giorno del funerale. Cosa succede all’arrivo della bara