Assente per infezione respiratoria recidivante. È una delle giustificazioni più frequenti che viene presentata dai genitori quando i bambini danno forfait a scuola. Secondo le stime, un’assenza su 3 è imputabile a questa problematica. Gravità diverse, origine quasi sempre virale (fino al 95% dei casi di infezione delle alte vie respiratorie nei più piccoli e circa il 70% negli adulti), e l’epilogo è sempre uguale: bimbo a casa, genitore in difficoltà al lavoro. Non a caso questo è il motivo alla base anche del 30% delle giornate lavorative perse di mamme e papà. Ma non va dimenticato che pure gli adulti si ammalano, con ulteriori stop obbligati.
“L’impatto economico è sulle spalle della famiglia, non rappresenta un impegno tanto per il Servizio sanitario nazionale: i ricoveri sono rari e trattandosi perlopiù di forme virali i farmaci che vengono utilizzati sono di fascia C – spiega Roberto Dal Negro, pneumologo e responsabile Cesfar (Centro studi nazionale di farmacoeconomia e farmacoepidemiologia respiratoria), oggi a Milano durante un incontro sulle opportunità offerte dall’omeopatia – Episodi di questo tipo hanno un costo intorno ai 300 euro l’uno all’anno, con la voce più consistente rappresentata non dai medicinali, ma al 70-80% dal costo dell’assenteismo lavorativo e da quello scolastico, che implica la necessità, se non si può stare a casa, di pagare una babysitter”. (continua dopo la foto)
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L’andamento delle infezioni respiratorie recidivanti risente delle stagioni ma interessa l’intero arco dell’anno. Pur colpendo “soprattutto in autunno e inverno, si fanno sentire anche nel periodo primaverile estivo, dipende da quale virus ne è la causa”, dice Dal Negro. Quando si parla di bambini, prosegue Macrì, “si considerano affetti da Iir quando il numero di episodi acuti febbrili supera quota 6 se a carico della alte vie respiratore (orecchie, naso, gola) o quota 3 se a carico delle basse vie respiratorie (bronchi e polmoni) in un arco di tempo che va dall’inizio dell’anno scolastico fino alla primavera, in pratica un episodio al mese”. Sono forme che vengono gestite generalmente a domicilio ma “rappresentano un terzo dei motivi di consultazione pediatrica ambulatoriale”. (continua dopo la foto)
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Esistono dei fattori favorenti: “Un bambino di piccolo peso per esempio è più predisposto – elenca Macrì – c’è il fumo materno, anche solo 3 sigarette al giorno durante la gravidanza e poi l’esposizione successiva; la mancanza di allattamento al seno; l’inquinamento dell’aria, per esempio vivere in zone trafficate aumenta l’incidenza; così come l’inquinamento domestico e persino far parte di una famiglia numerosa”. Quanto alla tosse “la cui prevalenza nella sua forma persistente-cronica è peraltro aumentata nella popolazione rispetto al 2007, in uno studio abbiamo osservato come pure lo status occupazionale dei genitori incide: se lavorano, gli episodi registrati nei loro figli sono il triplo”, aggiunge Dal Negro.
Ma come si cura l’italiano medio? “Si preoccupa abbastanza rapidamente – osserva Dal Negro – Una volta era prevalente il ricorso alla farmacia e a rimedi quasi domestici, nell’ultimo decennio si è spostato verso il consulto medico molto rapido. Se la cosa viene percepita come non banale, salta il passaggio dal medico di famiglia per rivolgersi allo specialista, con il pneumologo fra i più gettonati”. “In alcuni setting di otorinolaringoiatria pediatrica, proprio gli ambienti clinici in cui questi problemi vengono affrontati – aggiunge Macrì – si segnala che i genitori ricorrono a terapie complementari fino al 40-50% dei casi e l’omeopatia è una di quelle più usate. I vantaggi sono la possibilità di stimolare l’organismo a reagire senza effetti collaterali, ed è una sorta di terapia individualizzata, perché le caratteristiche del paziente vengono studiate per scegliere fra i numerosi rimedi disponibili. Esistono infine dei lavori che dimostrano come in un contesto in cui si usa la terapia omeopatica ci sia una riduzione significativa dell’uso di antibiotici”.
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Caffeina news by AdnKronos