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L’Europa ha paura dell’Ebola: a Madrid un altro caso certo e 2 sospetti

Allerta a Madrid. Sono quattro le persone ricoverate all’ospedale madrileno Carlo III-La Paz per ebola: oltre all’infermiera ausiliaria di 44 anni, ricoverata ieri mattina con una diagnosi conclamata, ci sono altre tre persone sotto osservazione. E’ quanto ha detto oggi il gestore dell’ospedale, Rafael Perez-Santamarina, in una conferenza stampa. “Vogliamo tranquillizzare la società. E’ una cosa che ci ha colto di sorpresa. Ma ora stiamo rivedendo tutti i protocolli di prevenzione, perché non torni a ripetersi”. Dei tre casi sospetti, uno è il marito dell’infermiera, che non presenta per il momento i sintomi del virus. Il secondo caso è una infermiera che faceva parte del gruppo di sanitari che ha assistito i due missionari deceduti e che presenta sintomi di diarrea, ma non febbre. Il quarto è invece un turista di origini nigeriane, passeggero di un volo internazionale proveniente dall’Africa occidentale. Nel caso in cui risultasse negativo alle analisi alle quali è stato sottoposto, sarà dimesso per passare a una vigilanza esterna. Le condizioni dell’infermiera di 44 anni, prima contagiata di Ebola in Europa, al momento sono stazionarie e la donna viene trattata con il siero della suora Paciencia Melgar, la religiosa che ha superato la malattia dopo avere assistito in Liberia il missionario Miguel Pajares, e che è giunta in Spagna lo scorso 25 settembre.


Il ministero della sanità sta cercando di individuare le “fonti del contagio” del’infermiera di 44 anni di Madrid, il primo in Europa, che nella notte è stata trasferita dall’ospedale di Alcorcon al Carlo III-La Paz, nel reparto dove erano stati ricoverati i due missionari spagnoli rimpatriati dall’Africa e deceduti il 12 agosto e il 26 settembre scorsi. Lo si apprende da fonti sanitarie. L’ausiliare di infermeria, che è in condizioni stabili e con la febbre alta, faceva parte dell’equipe di sanitari che ha assistito Miguel Pajares, di 75 anni, e Manuel Garcia Viejo, di 69 anni, entrambi religiosi dell’ordine di San Juan de Dios, rimpatriati dopo aver contratto il virus in Sierra Leone. La donna, sposata e senza figli, dal 26 settembre – data della morte di Garcia Viejo – era andata in vacanza, conducendo una vita normale. Ma dal 30 settembre scorso aveva registrato sintomi come febbre e distonia, che ne avrebbero consigliato l’immediata applicazione del protocollo di isolamento. “Esiste la possibilità che qualcuna delle persone entrate in contatto con lei si siano infettate”, ha riconosciuto in dichiarazioni a radio Cadena Ser il coordinatore del Centro di Allerta ed emergenze del ministero della Sanità, Fernando Simon. “Questo non comporta rischi per la popolazione, ma dobbiamo garantire che questa situazione non torni a prodursi”, ha aggiunto. Secondo il responsabile sanitario, “esiste la possibilità di contagio”, che “è bassa, ma esiste”. Il coordinatore del Centro emergenze del ministero della Sanità spagnolo ha confermato che si sta redigendo una lista delle persone entrate in contatto con l’infermiera per porle in isolamento, così come già fatto con il marito della donna, durante i 21 giorni in cui possono svilupparsi i sintomi dell’infezione.


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