”All’inizio ci hanno fatto la predica. Ci hanno spiegato che erano lì per le bombe sganciate in Siria e per dimostrare a noi occidentali gli effetti degli aerei laggiù”. A raccontare è Sèbastien, sopravvissuto al massacro del Bataclan, prima nascondendosi, poi, come rivela ai microfoni di Rtl, una volta trovato dai terroristi, parlando con loro per un’ora, con un kalashnikov puntato addosso.
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”Potevano uccidermi subito. Ma quando hanno cominciato a parlarmi, ho capito che forse ero destinato a vivere. Ci hanno chiesto se capivamo le loro ragioni – prosegue -, vi lascio immaginare il silenzio che è calato in quel momento” tra gli ostaggi e aggiunge che i terroristi chiedevano loro di fare da intermediari con i poliziotti dalla finestra: ”Ci chiedevano di urlare agli agenti di non avvicinarsi, altrimenti si facevano esplodere”. Solo questa è stata la richiesta avanzata dagli attentatori: ”Abbiamo pensato che forse volevano salvarsi la vita, ma ci sembrava improbabile dopo la carneficina che avevano fatto in sala. E poi volevano dei giornalisti”. Ricorda poi Sèbastien, che oggi si considera ”nato una seconda volta”, che ”in ogni momento una parola sbagliata può provocare la tua morte”.
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