Elisabetta Mijno, campionessa di arco paralimpico e chirurgo ortopedico presso l’ospedale di Parma, racconta alcuni momenti importanti della sua vita. Tre Olimpiadi arricchite da due medaglie, una di bronzo e una d’argento, Elisabetta, 32 anni a gennaio, dall’età di cinque anni è costretta in carrozzina a seguito di un incidente stradale. Si avvicina così molto giovane, negli anni ’97, alla disciplina del Tiro con l’Arco, specializzandosi nell’Arco Olimpico Categoria W2 Seniores Femminile e nello stesso tempo porta avanti i suoi studi in ortopedia fino alla laurea. Debutta nel Para Archery nel 2001 ed entra a far parte della squadra della Nazionale delle Fiamme Azzure con il coach Marco Pedrazzi, accompagnata dal suo tecnico personale Giorgio Botto. La sua prima competizione ufficiale sono le Paralimpiadi di Pechino 2008 nelle quali Elisabetta è ancora un’atleta giovane ed inesperta e si aggiudica un nono posto nell’arco olimpico individuale. Ma la sua carriera sarà un crescendo di risultati e di soddisfazioni. L’anno successivo, infatti, partecipa ai Mondiali di Nymburk (Rep. Ceca) arrivando quinta e nel 2010. (Continua a leggere dopo la foto)
In un’intervista a Repubblica, la campionessa-medico ha raccontato le sue giornate piene, la sua passione per lo sport e quella per la chirurgia. “Quando ho iniziato a fare medicina mi è entrata subito in testa la chirurgia della mano, anche se all’inizio era solo un’idea. Se la vogliamo vedere in modo più romantico, invece, da piccola avrei voluto aggiustare le mani di mia nonna Carla. Per me era sempre stata una figura molto importante e aveva una brutta artrite reumatoide deformante. Con gli anni le idee passano – ha detto ancora – e il percorso è stato lungo. Però mi piaceva la chirurgia e l’ortopedia è diversa dalle altre perché spesso è risolutiva, talvolta riesci anche a vederne subito i risultati”. (Continua a leggere dopo le foto)
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La giovane atleta ha raccontato che per il momento opera da seduta, ma sta cercando tutte le soluzioni possibili per migliorare nel suo lavoro in ospedale. ”Per adesso la chirurgia alla mano nella maggior parte dei casi la si fa da seduta. Ma la mia figura professionale non è ancora formata al cento per cento e io sto cercando tutte le soluzioni per migliorare. Ad esempio c’è il sistema verticalizzante che però non trovo così comodo, e quindi sono alla ricerca anche di altre soluzioni”. Dalla chirurgia al tiro con l’arco. Cosa vuol fare dopo la medaglia di bronzo di Rio 2016? “Più che a Tokyo 2020, io penso già a Los Angeles 2028; però mi preoccupa il fatto che in mezzo ci sia anche Parigi 2024. Tre olimpiadi sono tante. Però non fare Los Angeles sarebbe un peccato; magari potrei candidarmi da chirurgo”.