Un nome pressoché impronunciabile per una una patologia che colpisce una neonata su 4500: gli organi genitali ci sono, ma solo esternamente. Internamente niente vagina, né utero. Quindi niente mestruazioni, niente rapporti sessuali, niente figli. Non si sa da cosa sia causata, ma sappiamo che la Sindrome di Rokitansky si manifesta all’incirca nella 5° settimana di gestazione quando nel feto comincia a formarsi l’apparato riproduttivo. Le bambine nate con la Sindrome di Rokitansky infatti avranno malformazione o assenza di utero e vagina (MRKH di tipo I). In alcuni casi la Sindrome di Rokitansky si manifesta con l’associarsi di anomalie ad altri organi (MRKH di tipo II più comunemente chiamata MURCS). Oltre le problematiche che porta il tipo I potranno avere alterazioni all’apparato scheletrico, all’apparato urinario, all’apparato cardiaco e all’apparato uditivo. Poiché i genitali esterni e le ovaie sono presenti (anche se queste ultime possono essere dislocate in sedi anomale), e dunque sono presenti anche i caratteri sessuali secondari, la Sindrome di Rokitansky viene in genere scoperta solo durante l’adolescenza, intorno ai 14-16 anni, per la mancata comparsa delle mestruazioni. (Continua a leggere dopo la foto)
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Alla diagnosi della Sindrome di Rokitansky si arriva dopo aver escluso altre sindromi cromosomiche (il cariotipo delle ragazze con la Sindrome di Rokitansky è perfettamente normale, 46XX) e aver confermato l’assenza di vagina e utero con risonanza magnetica nucleare. L’unico intervento possibile, al momento, è la ricostituzione del canale vaginale per permettere una vita sessuale normale. La ricostituzione può essere ottenuta per via chirurgica o non chirurgica, a seconda delle condizioni di partenza. Se è presente un abbozzo di vagina di almeno 1,5-2 centimetri si sceglie un approccio conservativo basato sull’utilizzo di tutori che, con il tempo, ne permettono l’allungamento. (Continua a leggere dopo la foto)
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Se invece la vagina manca del tutto bisogna ricostruirla ex novo. La ricostruzione del canale vaginale non consente comunque di avere figli, essa concorre solo alla buona riuscita di una vita intima, attiene dunque alla cura dell’aspetto psicosociale delle donne affette dalla sindrome di Mayer Rokitansky Kuster Hauser. ”È importante che chi soffre di questa malattia abbia dei punti di riferimento, delle persone con cui parlare e confrontarsi, ma anche dalle quali attingere informazioni pratiche su medici, ospedali, cure, ricerca scientifica, ma anche supporto psicologico” dice Maria Laura che oggi ha 30 anni ed è presidentessa della prima associazione nazionale che riunisce le ragazze e le donne con questa sindrome.