Da vent’anni una donna conviveva con la compagna. Poi si è ammalata, ed un male incurabile nel giro di poco tempo l’ha porta via, qualche mese prima di morire però decide di fare un atto importante, stralciare il testamento redatto 8 anni prima e lasciare alla compagna ogni bene nominata mesi prima amministratore di sostegno. Tutto sembrava nella norma, ma non per i parenti della defunta che hanno dato in escandescenza ed impugnato le righe che racchiudevano le ultime volontà della donna. E’successo a La Spezia, ed il caso riapre le polemiche sulla mancanza di legiferazione sulle coppie di fatto. Si perché oltre al danno è arrivata la beffa. Scrive il Secolo XIX che dall’attività investigativa emerge una situazione piuttosto ingarbugliata. Il magistrato ha ritenuto infatti di dover iscrivere nel registro degli indagati la convivente per il reato di peculato. La denuncia riferisce di alcune spese ingiustificate, che la donna avrebbe dovuto conteggiare e mettere a verbale in qualità di amministratore di sostegno. Gli inquirenti stanno calcolando l’ammontare del “buco”, raccogliendo pezze giustificative e ascoltando alcuni dei testimoni della vicenda. Di recente è stato sentita anche l’indagata. La donna si difende sostenendo che si sia trattato di alcune sviste, perché non avrebbe avuto nessun interesse a sottrarre dei soldi all’ex convivente. In fin dei conti, si tratta di denari che, come previsto da testamento, sarebbero diventati suoi. I finanzieri stanno cercando di rimettere insieme un puzzle piuttosto complesso, che li costringe ad andare a scavare nella vita privata di due persone. Ogni scenario è aperto ma chi conosce la donna, la descrive come molto scossa per l’accaduto, si era fatta nominare amministratore di sostegno per stare ancora più vicina alla compagna e avere la possibilità di aiutarla a sbrigare anche la burocrazia.
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