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Dolcenera si confessa e racconta il suo dramma: “Così Simona Ventura mi ha rovinato la vita…”

  • Musica

 

Dolcenera si sfoga e racconta a Vanity Fair il momento più buio della sua vita: quello dopo la partecipazione al talent Musica Farm. Ormai sono passati dieci anni dall’edizione in cui Dolcenera vestiva i panni di concorrente del talent, ma ciò non sembra aver cancellato dalla mente della cantante il periodo difficile che ha dovuto intraprendere. 

 “Nel 2005, dopo Music Farm, il momento peggiore. – racconta – Ero stata così esposta agli occhi degli altri da non provare più niente nei miei, non scrivevo più una riga. Avevo vinto Sanremo Giovani, mi spinsero a partecipare a quel reality, antesignano di X Factor. Lo sentivo, non era nelle mie corde. Mi lasciai convincere, sbagliando. Ricordo quando incontrai Simona Ventura e Giorgio Gori, che allora guidava Magnolia: “Voi volete carne da macello da buttare via alle prime puntate”.

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Risentimento per un’esperienza che ha causato una battuta d’arresto alla sua carriera. Tour sospeso, i palazzetti vuoti per i suoi concerti e i pettegolezzi che la travolsero. Probabilmente incapace di assumersi la responsabilità di una scelta sbagliata, Dolcenera racconta di cosa riuscì a portarla nuovamente sulla retta via: “Mi sbloccò un album cattivissimo, Il popolo dei sogni, con la cover di A Wolf At the Door dei Radiohead, a cui cambiai testo e titolo: Il luminal d’immenso, ode a un antidepressivo che seda ombre e tormenti, e riporta la pace”.

La cantante, sempre a Vanity, racconta del suo rapporto, ormai ventennale, con il fidanzato-manager. Stanno insieme da quando lei aveva 18 anni e lui 25. “Scherzando, lamenta che ormai facciamo poco sesso, che tra noi è come un incesto, siamo l’uno per l’altra fratello, madre, sorella, padre. – racconta – E lavoriamo pure insieme: incide. La sera torna a casa, magari tardi, e io sono fusa dall’avere scritto canzoni tutto il giorno, dopo cena discutiamo di un progetto, di un altro, ed è difficile poi passare all’altro. Per fare l’amore bisogna sentirsi liberi: se alla fine non si stacca mai, diventa come la cometa di Halley”.

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