L’attrice statunitense Carrie Fisher, fra gli interpreti di ‘Star Wars’ nel ruolo della principessa Leila, morta lo scorso dicembre, è stata uccisa da un’apnea nel sonno insieme ad altri fattori fra cui l’uso di droghe, lo ha riferito l’ufficio del Coroner di Los Angeles, citato dai media locali. L’apnea notturna è un disturbo respiratorio che provoca temporanee interruzioni della respirazione durante il sonno. Tra i fattori che hanno contribuito alla morte dell’attrice vi sono anche l’aterosclerosi, e l’uso di droghe, ha riportato il ‘Los Angeles Times’ citando l’ufficio del coroner. Non è stata determinato la causa specifica della morte. “Mia madre ha combattuto tutta la vita contro la tossicodipendenza, e le malattie mentali, e alla fine ci è morta”, ha detto alla rivista ‘People’ la figlia Billie Lourd. Carrie Fisher è morta il 27 dicembre scorso all’età di 60 anni, alcuni giorni dopo aver subito un attacco di cuore durante un volo da Londra a Los Angeles. Sua madre, l’attrice Debbie Reynolds, è morta il giorno dopo. (Continua a leggere dopo la foto)
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La figlia Billie Lourd aveva voluto ricordare come la mamma “avesse sempre voluto parlare della vergogna che coinvolge le persone e le famiglie che lottano con queste malattia. Io conoscono mia mamma – prosegue la giovane donna nell’intervista – vorrebbe che la sua morte incoraggiasse le persone ad aprirsi agli altri sulle proprie sfide. Chiedete aiuto, lottate per i fondi statali per i programmi sulla salute mentale Vergogna e stigma sociali sono i nemici del progresso e della possibilità di guarire. Ti voglio bene Mamma”. (Continua a leggere dopo la foto)
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La principessa Leila – Il personaggio della principessa Leila (era il 1977) diventò determinante nella sua vita e la segnò per sempre, ma non le diede mai fastidio essere identificata con lei. Leila, a capo dell’Armata Ribelle, era la principessa senza paura di Star Wars, coraggiosa e bella. La dipendenza dalla droga Nei tardi anni Settanta, iniziò ad abusare di droga e poi di alcol: la sua divenne una vera e propria dipendenza, che rischiò di minarle la carriera. A 28 anni finì in overdose e fu allora che accettò di essere affetta da disturbo bipolare dell’umore.