Gli stipendi della Rai sono spesso al centro dell’attenzione. Ultimamente era stata proposta una riforma per mettere un tetto ai compensi, ma dopo il parere negativo dell’Avvocatura di Stato sulla decisione del servizio pubblico, pare che questa ipotesi sia già caduta. A riguardo il Corriere della Sera ha ha intervistato Massimo Giletti è il conduttore de L’Arena ha detto un secco no no alla possibilità di ridurre i compensi degli showmen sino a un massimo di 240mila euro. Una possibilità che lo porterebbe a pensare di lasciare la Rai: “Credo che la Rai sia importante per il mio modo di fare televisione, per il senso di libertà che mi dà. Dovrei valutarlo molto attentamente”. Come lui anche molti altro sono contrari, tenendo conto di alcuni stipendi che possono arrivare anche a 2 milioni di euro l’anno. Giletti ha anche rivelato la cifra esatta percepita grazie a L’Arena: “Se il tetto venisse applicato qualcuno potrebbe pensare che non è conveniente rimanere nella tv pubblica. Ognuno si farebbe i suoi legittimi conti. Dipende dalle priorità che uno ha. (Continua a leggere dopo la foto)

“Va fatto un ragionamento più ampio – ha detto Giletti – il problema non sono gli stipendi dei Vespa, dei Fazio, delle Clerici, dei Giletti. Non conta quanto costa un top player, bisogna guardare i costi e i ricavi di un programma. Questo è un approccio serio e trasparente alla questione. Se si riduce tutto a “quanto guadagni” il discorso è superficiale. Ho un garantito di 330mila euro lordi, ma con tutti i programmi che faccio posso arrivare a 500mila. Però L’Arena raccoglie 40 spot pubblicitari e arriva a oltre il 20% di share”. (Continua a leggere dopo le foto)


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Sull’argomento è intervenuto anche Fabio Fazio sulle pagine di Repubblica, pochi giorni dopo quel tweet sibillino in cui aveva espresso la volontà di diventare “produttore di se stesso”: “In questi mesi abbiamo assistito a un’intrusione della politica nella gestione della Rai che non ha precedenti. La politica non si è fatta custode di un bene, di uno spazio comune. La politica si è intromessa nella gestione ordinaria di un’azienda: addirittura nei contratti tra Viale Mazzini e gli artisti, i presentatori, gli attori di film e fiction. (…) Siamo pagati dalla pubblicità, non dal canone”.
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