Quattro anni fa, il 13 marzo del 2013, Jorge Mario Bergoglio veniva eletto papa. Nell’abbraccio della cappella Sistina, sceglieva il nome di Francesco. Cominciava con quel nome la rivoluzione rumorosa che, anno dopo anno, sta mutato immagine e volto alla Chiesa. Da istituzione lontana e offuscata da scandali di varia natura, Bergoglio è riuscito a ripulirne l’aspetto, avvicinandola al popolo, alla base, alla gente comune. Il suo sogno è il movimentismo delle origini, delle prime comunità cristiane. Una sfida, quella del Papa argentino, passato attraverso sorrisi e un giubileo straordinario con l’obiettivo dichiarato di sbriciolare quel muro istituzionale che rende le strutture ecclesiali lontane, ieratiche, come se fossero collocate sopra un piedistallo dorato. Quattro anni quelli di Francesco vissuti con grande intensità per attuare un’opera di profondo rinnovamento. Ha pubblicato il documento Amoris Laetitia che, al di là delle rumorose sacche di resistenza, offre un abbraccio materno alle dolorose storie di vita di tanti coniugi che hanno fallito il matrimonio. (Continua dopo la foto)
Ha avvicinato il mondo protestante con le celebrazioni di Lutero, a Lunt, in Svezia, ha insistito sulla misericordia, termine ecclesiologico che grazie ad un Giubileo destrutturato è entrato persino nel lessico quotidiano di persone lontane dalla fede. Oggi si parla di misericordia, si riflette sulla misericordia, si scrive di misericordia anche non in ambito strettamente ecclesiale. Quest’anno saranno centrali e simbolici i viaggi in cantiere, alcuni già confermati, altri ancora sottoposti ai ritocchi diplomatici.
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Fatima, in Portogallo, per il centenario delle apparizioni; l’Egitto scosso dalle violenze estremiste e dalle persecuzioni contro i copti; L’India e il Bangladesh in autunno, il Sudan a fine luglio assieme all’arcivescovo Welby, la Colombia dove è stato raggiunto un accordo per un processo di pace dopo una guerra civile costata la vita a 8 milioni di persone.