Gli inquirenti continuano a scavare nel privato di Simone Borgese, l’uomo che ha violentato una tassista a Roma lo scorso 8 maggio e dalle indagini emerge una data che potrebbe risultare fondamentale: è il 20 giugno del 2010, una giornata che potrebbe aver segnato la discesa di quest’uomo verso l’inferno. In quel giorno di quattro anni fa Borgese avvicina l’ex moglie e la minaccia: ”Se provi a levarmi la mia bambina – le dice il 30enne – hai finito di vivere”. Parole che sono costate il rinvio a giudizio di Borgese per minacce. Mercoledì scorso Borgese avrebbe dovuto comparire in aula per l’inizio del dibattimento, ma non ha potuto perché ristretto in carcere a Regina Coeli. Il processo nei confronti del 30enne cameriere ”a chiamata” somma altre imputazioni che possono aiutare a spiegare, in parte, la sua figura. Borgese è infatti accusato anche di mancata esecuzione di un provvedimento giudiziario e violazione degli obblighi di assistenza familiare, reati che avrebbe commesso dopo la separazione dalla moglie.La fine del loro rapporto risale a prima del 2010, anno nel quale il giudice civile stabilisce gli obblighi che entrambi dovranno rispettare. Borgese però non avrebbe adempiuto alle imposizioni del giudice, né versando quanto dovuto né riconsegnando la bambina alla moglie entro le scadenze previste. Anzi, il cameriere sarebbe arrivato anche a minacciare la ex compagna, come sostiene il pm Francesco Scavo che ne ha ottenuto il rinvio a giudizio. E quindi, queste vicende, potrebbero aver provocato qualcosa nella testa di Borgese che l’avrebbe portato poi a fare i conti con i recenti guai giudiziari. Ora, infatti, il 30enne, a parte della violenza sulla tassista per cui è reo confesso, potrebbe dover rispondere anche degli abusi su una 17enne perpetrati un anno fa e di maltrattamenti nei confronti di un’altra tassista lo scorso aprile.
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