Gli stipendi versati solo in banca o alla posta e inoltre, la firma sulla busta paga non sarà più considerata prova dell’avvenuto pagamento. Sono alcune delle novità introdotte dal disegno di legge che regola le modalità di pagamento delle retribuzioni ai lavoratori. Un provvedimento, innanzitutto per aggirare un problema che interessa molti lavoratori. “Datori di lavoro – si legge nel provvedimento in fase d’approvazione – sotto il ricatto del licenziamento o della non assunzione, possono corrispondere ai lavoratori una retribuzione inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva, pur facendo firmare al lavoratore, molto spesso, una busta paga dalla quale risulta una retribuzione regolare”. Tra i punti chiave, stipendi solo in banca o in posta. La scelta spetta al lavoratore ed è obbligatoria. Si potrà optare per l’accredito sul conto o assegno, ma anche pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale. (Continua a leggere dopo la foto)
Il provvedimento fissa l’obbligo per il datore di lavoro, al momento dell’assunzione, di comunicare al centro per l’impiego competente gli estremi dell’istituto bancario o dell’ufficio postale che provvederà al pagamento delle retribuzioni al lavoratore, nel rispetto delle norme sulla privacy. Il disegno di legge esclude dagli obblighi introdotti, i datori di lavoro che non sono titolari di partita Iva, i quali spesso non sono neanche titolari di un conto corrente. (Continua a leggere dopo le foto)
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{loadposition intext} In ogni caso sono esclusi i rapporti di lavoro domestico e familiare, così come i rapporti instaurati dai piccoli o piccolissimi condomini. Sono previste pesanti sanzioni da 5mila a 50mila euro per i datori di lavoro che non ottemperano agli obblighi introdotti dalla legge. Chi non comunica al centro per l’impiego gli estremi dell’istituto bancario o postale è soggetto al pagamento di una sanzione di 500 euro e al successivo accertamento della direzione provinciale del lavoro, che procederà a verifiche.