“Non posso nemmeno lontanamente immaginare che i compagni di classe abbiano visto cadere Domenico dalla finestra e siano tornati a dormire senza avvertire i professori. Se sarà questa la verità allora andrò in pensione perché questo mestiere non mi apparterrà più”. Sono le parole di Maria Grazia Rubini, la preside del liceo scientifico Ippolito Nievo di Padova, la scuola che frequentava Domenico Maurantonio, il 19enne morto in un hotel di Milano durante la gita di quinta superiore. I tre docenti che accompagnavano la classe in gita avrebbero saputo della morte del ragazzo soltanto la mattina dopo, quando gli inservienti dell’albergo hanno mostrato loro la foto del suo corpo scattata con il telefonino.
Ma l’ipotesi della tragica fatalità comincia a lasciare spazio a scenari ancor più “pesanti”: per chi indaga, Domenico non è morto per una disgrazia e la sua non è stata una caduta accidentale. L’ipotesi è che la morte sia stata conseguenza di “un gesto imprudente” al punto che la procura di Milano indaga per omicidio colposo. Ma è la preside a lanciare una pista alternativa: “Un uomo slavo si aggirava nel corridoio del piano dove dormivano gli studenti, perché non viene presa in considerazione l’idea che sia stato uno sconosciuto?”. E lo ha spiegato in una intervista all’Huffington Post.
“C’è un elemento che mi pare non venga preso abbastanza in considerazione. Due compagne di classe di Domenico hanno immediatamente riferito che quella notte sul corridoio del piano dell’hotel si aggirava un uomo slavo che le aveva aiutate a entrare nella stanza con la tessera. Un ospite che usciva sulla scala d’emergenza per fumare, una persona sconosciuta. Non so se gli inquirenti stiano indagando in questa direzione, lo auspico perché i ragazzi della classe di Domenico sono stati messi alla berlina e dipinti come dei mostri.
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