Il documentario di Gianfranco Rosi ‘Fuocoammare’ è entrato nella cinquina dei film in gara per l’Oscar quale miglior documentario. “Difficile non essere banale ma la sostanza, inevitabilmente, è che la nomination di ‘Fuocoammare’ è una grande gioia, una gioia immensa. Ho sentito Rosi, che è in Giappone per promuovere il film, ed è felicissimo. Una gioia immensa per lui, per noi e, mi permetto di dire, per il Paese” ha commentato all’Adnkronos Paolo Del Brocco, Ad di Rai Cinema, coproduttrice del film. Il film di Rosi, che è in cinquina con ‘I am not your negro’, ‘Life animated’, ‘OJ: Made in America’ e ’13th’, racconta l’isola di Lampedusa, i suoi uomini e le sue donne alle prese con il dramma umano degli sbarchi di migranti. Tra i protagonisti del film ci sono il ragazzino Samuele, di cui Rosi racconta le giornate tra scuola, pesca e famiglia, e il dottor Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa che negli ultimi anni si è trovato ad affrontare in prima persona tutti i problemi sanitari – e non solo – che riguardano i migranti che arrivano sull’isola, dalle gravidanze alle numerose morti. Bartolo di recente ha raccontato la sua esperienza in un libro: “Lacrime di sale”. Già candidato dall’Italia come proprio titolo nella corsa per l’Oscar al miglior film in lingua straniera, ‘Fuocoammare’ è stato escluso il 16 dicembre scorso dalla lista ristretta dei candidati in questa categoria, restando invece fra i papabili per il miglior doc, categoria per la quale è approdato oggi alla cinquina finale. ‘Fuocoammare’ è già stato premiato con l’Orso d’oro per il miglior film al Festival di Berlino e come miglior documentario agli European Film Awards. (Continua dopo la foto)
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Gianfranco Rosi è nato ad Asmara, in Eritrea, nel 1964, e a vent’anni si è trasferito a New York per studiare cinema. Il suo primo mediometraggio – si chiamano così quando non sono né corti né lunghi – si intitola Boatman ed è stato realizzato dopo un viaggio in India. Nel 2010 Rosi ha girato El sicario – Room 164, un film-intervista su un ex sicario messicano che lavorava per un cartello della droga. Rosi è però noto al cosiddetto “grande pubblico” italiano dal 2013, quando il suo documentario Sacro Gra – girato sul Grande Raccordo Anulare di Roma – ha vinto il Festival di Venezia. Gli esperti di cinema parlano di Rosi come di un regista che ama conoscere a fondo i posti dove sono ambientate le storie che racconta: per girare Fuocoammare, per esempio, ha vissuto più di un anno a Lampedusa.
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Una nomination che rende orgogliosa l’Italia e in particolare L’Anica, ovvero Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali, che è stata costretta a scegliere, prima nella categoria “Film in lingua straniera” e poi in “Documentari”, tra lo stesso “Fuocoammare”, “Gli ultimi saranno gli ultimi” di Massimiliano Bruno; “Indivisibili” di Edoardo De Angelis; “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti; “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese; “Pericle il nero” di Stefano Mordini e “Suburra” di Stefano Sollima. Una scelta non facile insomma. In bocca al lupo a Gianfranco Rosi e quindi a tutti noi.
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