Fermati e liberati perché per il giudice erano solo writer. Artisti, non teppisti come invece sosteneva la Questura. E così diversi black bloc hanno evitato l’espulsione il giorno prima dei disordini di Milano. È anche per questo che la rete di prevenzione attivata per evitare disordini in vista dell’apertura di Expo 2015 non ha funzionato: un corto circuito tra investigatori e magistrati che ha portato a casi eclatanti. Esempi? Joseph L., 25 anni, inglese di Leeds che – come riporta Il Corriere della Sera – il 30 aprile è stato fermato durante un’operazione di prevenzione. La Questura chiede che Joseph venga espulso. Obiettivo: allontanare da Milano sospetti anarchici/casseur.
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Davanti al giudice, il ragazzo sostiene di essere solo un “artista” perché nella macchina su cui viaggiava, una Ford con targa francese, sono state trovate 120 bombolette di vernice. Gli investigatori hanno però davanti il suo curriculum criminale, arrivato attraverso l’Interpol. Joseph, a verbale, si difende: “Il giudice mi chiede dell’arresto avvenuto a Leeds nel 2012… all’epoca usavo alcol e droghe, anche cocaina, la polizia mi trovò con una pistola elettrica, perché il pusher mi aveva minacciato, fui rilasciato dopo poche ore”. E ancora: «Sono stato in carcere in Svizzera per ben 5 mesi e sono stato liberato tre settimane fa, solo per aver fatto dei graffiti”. Il magistrato gli crederà: l’espulsione non viene convalidata.
Altro caso, la sera del 29 aprile. Vicino alla stazione di Lambrate, la polizia ferma un furgone con sopra tre ragazzi tedeschi: Moritz B., Lukas H. e Johann G. Hanno molte bombolette di vernice, una di spray urticante (illegale in Italia) e tre passamontagna. Raccontano al giudice di essere venuti in Italia per vedere una partita e di essere in vacanza. E i passamontagna? “Una protezione per quando si fanno i graffiti”. Anche loro hanno dei precedenti ma il giudice crede ai ragazzi: anche loro possono restare a Milano.
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