Brutte notizie per i lavoratori di tutta Italia. Dal primo gennaio 2016 bisognerà aspettare quattro mesi in più per andare in pensione. È il risultato dell’adeguamento dei requisiti previdenziali all’aspettativa media di vita introdotto da una legge del 2010 (governo Berlusconi) con cadenza triennale. E che la riforma Fornero ha accelerato, disponendo che dal 2019 l’aggiornamento avvenga ogni due anni.
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Questo meccanismo serve, nella logica della legge, per la sostenibilità finanziaria del sistema: più si allunga la durata della vita, più tardi si va in pensione. Ieri l’Inps ha diffuso la circolare applicativa dello scatto previsto dal primo gennaio 2016 e deciso lo scorso dicembre con un decreto interministeriale dei ministeri del Lavoro e dell’Economia sulla base dei calcoli dell’Istat. I 4 mesi in più si sommano sia al minimo d’età richiesto per la pensione di vecchiaia sia al minimo di anni di contributi necessario per la pensione anticipata. Ecco cosa cambia in sostanza da gennaio 2016:
Lavoratore maschile settore pubblico e privato: da 66 anni + 3 mesi a 66 anni + 7 mesi;
Lavoratrice femminile settore privato: da 63 anni + 9 mesi a 65 anni + 7 mesi;
Lavoratrice femminile autonoma: da 64 anni + 9 mesi a 66 anni + 1 mese.
Aumenta di 4 mesi anche il massimo di età fino al quale il lavoratore dipendente può chiedere di restare in servizio: dal 2016 sarà di 70 anni e sette mesi. E quattro mesi in più anche per accedere alla pensione di vecchiaia prevista per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 (sistema contributivo). Si passa da 63,3 mesi a 63,7. In tutti i casi sono sempre richiesti almeno 20 anni di contributi.
In alternativa al raggiungimento dell’età pensionabile della pensione di vecchiaia, il lavoratore potrebbe accedere alla pensione in anticipo. Si tratta di un accesso alla pensione che scatta indipendentemente dall’età anagrafica (quindi anche prima dei 65-66 anni), esattamente al momento in cui si maturano un determinato numero di anni di contributi versati. Purtroppo, però, questo tipo di pensione è sempre più difficile da raggiungere, in quanto anche i requisiti sono soggetti agli incrementi legati alla speranza di vita e quindi aumentano ogni due o tre anni. Ecco i requisiti per la pensione anticipata (da confrontare con l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia, al fine di individuare a quale tipologia di pensione si accede prima). Sono necessari il seguente numero di anni e mesi di lavoro, o per essere più preciso, anni di contributi accreditati nell’estratto conto previdenziale dell’Inps per accedere alla pensione anticipata:
• Anno 2015 – 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne;
• Anni 2016, 2017 e 2018 – 42 anni e 10 mesi (2.227 settimane di contributi) per gli uomini e 41 anni e 10 mesi (2.175 settimane di contributi) per le donne; E per gli anni successivi con requisiti adeguati in via previsionale alla speranza di vita (che sarà poi deliberata), ecco gli anni e mesi di contributi necessari:
• Anni 2019 e 2020 – 43 anni e 3 mesi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne;
• Anni 2021 e 2022 – 43 anni e 6 mesi per gli uomini e 42 anni e 6 mesi per le donne; • Anni 2023 e 2024 – 43 anni e 8 mesi per gli uomini e 42 anni e 8 mesi per le donne;
• Anni 2025 e 2026 – 44 anni per gli uomini e 43 anni per le donne;
• Anni 2027 e 2028 – 44 anni e 3 mesi per gli uomini e 43 anni e 3 mesi per le donne;
• Anni 2029 e 2030 – 44 anni e 5 mesi per gli uomini e 43 anni e 5 mesi per le donne; • Anni 2031 e 2032 – 44 anni e 8 mesi per gli uomini e 43 anni e 8 mesi per le donne;
• Anni 2033 e 2034 – 44 anni e 11 mesi per gli uomini e 43 anni e 11 mesi per le donne;
• Anni 2035 e 2036 – 45 anni e 1 mese per gli uomini e 44 anni e 1 mese per le donne;
• Anni 2037 e 2038 – 45 anni e 3 mesi per gli uomini e 44 anni e 3 mesi per le donne;
• Anni 2039 e 2040 – 45 anni e 5 mesi per gli uomini e 44 anni e 5 mesi per le donne.
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