Le uscite degli ultraconservatori americani non sono una novità: le grandi disgrazie e i grandi eventi negativi sono sempre una conseguenza della poca disponibilità ad affidarsi con ortodossia agli insegnamenti della religione. Ma il pensiero del conduttore radiofonico Rush Limbaugh sta facendo discutere soprattutto negli Stati Uniti. Secondo lui, ultraconservatore dichiarato, la fine tragica di Robin Williams era scritta nelle sue convinzioni politiche. Perché? A detta di Limbaugh l’attore era vittima di «pessimismo, oscurità e tristezza». Che, sempre a suo dire, sono tipicità dell’essere «di sinistra». La gente di quell’area politica, aggiunge, è particolare: «Sono sempre arrabbiati per qualcosa. Non importa quello che ricevono, sono sempre incazzati» perché «non sono mai contenti di quello che ricevono». Insomma, i problemi che Williams aveva con se stesso passano in secondo piano, l’intimità, l’animo proprio non conta. Conta solo il successo e se non lo si consolida ci si ammazza? Incalza il conduttore “intransigente”: «Ha avuto tutto ma non aveva nulla. Ha fatto sorridere tutti, ma era infelice dentro». Si riduce così, a puro scontro politico-ideologico, la tragedia di Williams e della sua famiglia: «Calza a pennello con una certa immagine che la sinistra ha. Mi riferisco a pauperismo, basse aspettative di vita, infelicità generale e cose così».