Il libro di Massimo Fini, “Una vita”, parte col piede giusto per chi è a caccia di curiosità “particolari”. Il giornalista e filosofo parla anche di Luca Barbareschi. “Sono Luca. Sono al quinto travesta, ho bisogno di trecento euro”. A parlare è, appunto, l’attore-produttore. Continua il racconto di Fini: “Gli do i trecento euro e si dilegua nella notte. Questa scena, nel corso degli anni, si sarà ripetuta tre o quattro volte. L’ultima un paio di anni fa. lo non do mai giudizi sulle perdizioni altrui. Ho già da pensare alle mie. Né tanto meno azzardo predicozzi morali. Ma quella sera, sapendo che aveva trovato un equilibrio con una nuova compagna, meno spettacolare di altre ma evidentemente più adatta, gli dissi: Luca, fermati… Ma sapevo che non c’era nulla da fare. Quando una persona è in quelle condizioni non sente ragioni. Se ne andò barcollando”. (continua dopo la foto)
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E Fini si lancia in un paragone: “Era in condizioni spaventose, alla Lapo Elkann. Mi telefonò due giorni dopo. Lucido. Gli dissi: Senti Luca, se torni un’altra notte in quelle condizioni cosa devo fare? Darti i quattrini o cacciarti via a calci in culo?”. E Barbareschi: “Cacciami a pedate nel culo. Per fortuna non se n’è più presentata l’occasione”.
(continua dopo la foto)
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“Sposato con una bella ragazza, tre figlie, Barbareschi – ricorda Fini nella sua autobiografia – aveva già in passato una certa vocazione per l’autodistruzione. Che per lui passava per il sesso, la partouze, i travestiti. Mi ricordo che a una festa un po’ particolare gli passai, dall’alto dei miei quarant’anni, un biglietto: Per ora va tutto bene, ma guarda che continuando cosi si finisce nell’impotenza. Cosa che poi è puntualmente avvenuta, sia pur temporaneamente, come mi confidò una notte, una notte normale, tranquilla, senza l’ombra dei travestiti”.
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