Da quando la guerra in Ucraina ha acceso i riflettori internazionali sulla responsabilità della leadership russa, Vladimir Putin è diventato un capo di Stato confinato all’interno dei propri confini. Sul presidente russo grava infatti un mandato di cattura internazionale emesso dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra, circostanza che rende pressoché impossibile ogni sua apparizione ufficiale fuori dal territorio nazionale. I viaggi istituzionali sono diventati per lui un rischio diplomatico e giuridico, tanto da costringerlo, in occasioni cruciali, a delegare la rappresentanza della Russia ad altri esponenti del governo.
È il caso anche dei funerali di Papa Francesco, ai quali Mosca non ha voluto rinunciare. In assenza del presidente, sarà il ministro della Cultura Olga Ljubimova a rappresentare la Federazione Russa, una scelta decisa dallo stesso Putin. L’evento, che si terrà sabato sul sagrato di piazza San Pietro, vedrà la partecipazione di numerosi capi di Stato e autorità internazionali. Il Vaticano, consapevole della portata storica della cerimonia, ha riaperto i manuali del protocollo per assicurare un’organizzazione impeccabile dell’accoglienza.
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Papa Francesco, la decisione di Vladimir Putin sui funerali
Secondo quanto previsto, i posti d’onore saranno riservati ai presidenti di Italia e Argentina, Paese natale di Jorge Mario Bergoglio. A seguire, troveranno posto i sovrani cattolici regnanti, il Gran Maestro dell’Ordine di Malta, quindi i monarchi non cattolici. I capi di Stato verranno disposti in ordine alfabetico secondo la lingua francese, mentre le autorità civili siederanno sul lato destro del sagrato. I cardinali, invece, saranno disposti davanti all’ingresso della basilica, in prima fila per rendere omaggio al pontefice.

Ma intorno alle esequie del Papa si gioca anche un delicato equilibrio geopolitico. Il presidente di Taiwan, William Lai, ha scelto di non partecipare personalmente alla cerimonia, delegando l’ex vicepresidente Chen Chien-jen. La decisione è stata accolta con favore da Pechino, che considera Lai un “piantagrane” e un “fautore dell’indipendenza” dell’isola, e che non ha mai nascosto l’avversione per la sua presenza in contesti internazionali. In questo modo, la Cina ottiene un punto a favore nella sua storica battaglia diplomatica contro l’isola ribelle.

La mossa di Taipei apre però nuovi scenari. Pechino, che intrattiene rapporti informali con la Santa Sede grazie all’approccio di Papa Francesco, potrebbe ora inviare una propria delegazione o addirittura un rappresentante ufficiale. Sarebbe un passo significativo, che le permetterebbe di affermare un ruolo centrale in un evento che riunisce i grandi della Terra e che si carica, oltre che di significati spirituali, anche di simboli politici non trascurabili.